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Le cercatrici di perle giapponesi: inconsapevoli campionesse di apnea
Alla scoperta delle ama giapponesi
C’è un mestiere, in Giappone, che sta sempre scomparendo ma che è ammantato di un fascino tutto suo: quello delle ama, cercatrici di perle che da oltre duemila anni si immergono nelle profondità del mare. Non pescano solo perle, ma anche abaloni, aragoste, polpi, ricci e ostriche. Il loro nome, ama, significa proprio “donna del mare”, e non è un caso. Pare, infatti, che soltanto le donne abbiano le caratteristiche fisiche adatte per questo genere di lavoro. Ciò che risulta davvero incredibile è che queste donne si immergono fino a tarda età: l’età media della ama, infatti, supera ampiamente i sessant’anni e sono conosciuti moltissimi casi di ultra ottantenni che continuano a immergersi. Oltretutto il numero di incidenti in mare che capitano a queste “sirene” giapponesi pare essere di gran lunga inferiore rispetto a quelli che capitano agli apneisti di professione.
Il loro è un lavoro stagionale, che non può essere fatto tutto l’anno e che viene alternato ad altro. Un tempo le ama si immergevano senza alcun ausilio per la respirazione e coperte solo di un panno leggero; oggi le cose sono cambiate, e per immergersi le ama utilizzano maschera e pinne, e una leggera tuta termica. Ma anche questa variante è destinata a scomparire velocemente, per essere sostituita da dotazioni più tecniche, come tuta da sub e pallone gonfiabile.
La voce delle onde
Negli anni le ama sono state oggetto di stampe di artisti famosi e sono finite sui francobolli, e perfino citate in libri e film. Uno dei più importanti scrittori giapponesi del XX secolo, Yukio Mishima, nel suo romanzo La voce delle onde, scrive: «Gli uomini vanno fuori a pesca. Si imbarcano su battelli costieri, salpano per tutti i porti sui mercantili, mentre le donne, non destinate a quel vasto mondo, cuociono il riso, attingono l’acqua, raccolgono alghe marine e, quando vien l’estate, si tuffano giù nel segreto fondo del mare». La tradizione delle ama ormai è talmente conosciuta da averle rese una vera e propria attrazione turistica. Non soltanto i vacanzieri vogliono vederle all’opera, ma molti giornalisti hanno voluto passare del tempo con loro, per raccoglierne le storie e scriverne reportage.
Il richiamo delle sirene
Dalla voce delle dirette interessate sappiamo che il loro lavoro dura, appunto, il tempo dellastagione estiva, che lavorano per non più di due ore a testa e che in questo arco di tempo si immergono per circa sessanta volte! Ogni immersione dura fino a due minuti (e si sta parlando di due minuti in apnea senza alcun ausilio!) e le ama riescono a immergersi fino a 30 metri di profondità.
Si sa inoltre che quando riemergono emettono un suono particolare, conosciuto come ama isobue o “richiamo delle sirene”, un fischio prodotto dalla iperventilazione cui sono state sottoposte durante l’immersione. Raccontano che esistono due tipologie di ama: le oyogido, o kachido, che si immergono vicino alla costa, non oltre i 4 metri di profondità, e che non usano imbarcazioni, e le funado, che guadagnano di più perché sono le più esperte, che riescono a immergersi a grandi profondità a largo delle coste, che raggiungono con un’imbarcazione. La fama delle cercatrici di perle giapponesi è tale che è nata perfino una mascotte in stile manga, su cui la provincia di Toba, dove questo mestiere è ancora ampiamente praticato, ha puntato per la propria immagine.