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L’acqua nell’arte: Monet e gli impressionisti
L’acqua, simbolo di vita ed elemento che da sempre accompagna l’esistenza umana, fin dall’antichità con le sue trasparenze e il suo fluire incessante ha affascinato artisti e poeti. Da sempre protagonista di numerose opere, trova forse la sua massima espressione nell’Impressionismo, il movimento artistico nato in Francia tra il 1860 e il 1870, che durò fino ai primi del Novecento. Fin dalla preistoria è comunque un elemento ricorrente nelle pitture rupestri, e anche nell’Antico Egitto e nell’Antica Grecia sono innumerevoli le raffigurazioni di divinità legate all’acqua.
Nell’arte occidentale, tra il IX e il X secolo, l’acqua assume sempre più un elevato valore simbolico per il suo legame con il cristianesimo e in particolare con il rito del battesimo, diventando a tutti gli effetti il simbolo assoluto di purezza; basti pensare all’affresco di Giotto, conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova, raffigurante il battesimo di Gesù. Ma al di là della sua connotazione religiosa, ciò che ha reso l’acqua un elemento portante nella pittura è la sua capacità di creare giochi di luce, in un intreccio di colori in cui questo elemento si confonde con l’aria e le sue trasparenze.
Le ninfee della casa di Giverny
Sono proprio i giochi di luce creati dall’acqua ciò che maggiormente affascinano nelle pitture impressioniste, in particolare quelle di Claude Monet (Parigi, 1840 – Giverny, 1926), forse il più interessante e prolifico tra gli artisti della sua epoca, che dedica numerosi dipinti a questo elemento e, più in generale, alla raffigurazione en plein air. È tale l’impronta lasciata da questo artista che a una delle sue opere più famose, Le ninfee, è stata dedicata la trasposizione cinematografica, dal titolo Le ninfee di Monet. Incantesimo di acqua e luce, che verrà proiettata in Italia per soli tre giorni (26, 27 e 28 novembre) e che promette già di essere un film evento.
Monet amava moltissimo l’acqua, al punto da farla divenire la vera protagonista di molte sue opere: la serie delle ninfee, appunto, in cui l’acqua raffigurata è quella dello stagno del suo giardino, che si sviluppa su ben venti tele, ciascuna grande 4 metri per lato (che nel 1920 il pittore offrì allo Stato francese); ma anche Il ponte giapponese, altro elemento presente nel giardino dell’amata casa di Giverny, dove il pittore trascorse gli ultimi anni della sua vita in compagnia della figlia, dopo la scomparsa della seconda moglie e del figlio.
Cogliere l’attimo fuggente
Ma prima dello stagno con le ninfee e con il ponte giapponese, l’acqua, stavolta quella marina, è comunque un elemento onnipresente nella pittura di Monet e degli altri impressionisti. Ne sono testimonianza Impressione, levar del sole, opera dalla quale si ritiene prenda il nome l’intero movimento, realizzata nel 1872 a Le Havre e raffigurante proprio il porto di questa all’alba; Il palazzo Ducale a Venezia, del 1908, Étrat, tramonto, del 1883 e molte altre opere in cui l’acqua, con i suoi giochi di luce e di riflessi, occupa buona parte della tela.
Come egli stesso ebbe modo di scrivere: «L’elemento base è lo specchio d’acqua, il cui aspetto muta ogni istante per come i brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento.
Cogliere l’attimo fuggente, o almeno la sensazione che lascia, è già sufficientemente difficile quando il gioco di luce e colore si concentra su un punto fisso, ma l’acqua, essendo un soggetto così mobile e in continuo mutamento, è un vero problema… un uomo può dedicare l’intera vita a un’opera simile».