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Il Triangolo delle Bermuda: tra scienza e leggenda
Erano gli anni Cinquanta del Novecento quando cominciarono a girare inquietanti voci di sparizioni di navi e velivoli in una vasta area di oceano compresa tra l’arcipelago delle Bermuda, l’isola di Porto Rico e l’estremo sud della penisola della Florida. Dalla prima notizia in merito, apparsa il 30 settembre del 1950 sull’agenzia di stampa internazionale Associated Press, ne seguirono molte altre negli anni successivi, fino a un articolo che fu pubblicato due anni dopo con il titolo Sea Mystery At Our Back Door, che sancì l’inizio del mito che accompagnerà quest’area e le varrà il nome di Triangolo Maledetto. L’autore del pezzo, infatti, parlava della sparizione di numerosi aerei e di ben cinque navi della marina militare degli Stati Uniti. Si dovette attendere il 1975, periodo in cui la triste fama delle Bermuda si era ormai universalmente diffusa, per vedere l’uscita di un’opera, completamente in controtendenza, dal titolo The Bermuda Triangle Mystery, in cui l’autore Lawrence David Kusche metteva in luce tutta una serie di false notizie, omissioni e imprecisioni che non solo avevano deliberatamente contribuito alla nascita di quella “fake news” ma anche in qualche modo fomentato le fobie di un gran numero di persone.
Dagli UFO al silenzio
Sull’onda del mito del Triangolo Maledetto e delle sue misteriose sparizioni, si scatenò un po’ di tutto – articoli, libri e addirittura svariati film – al punto che vollero prendere la parola anche ufologi e pseudoscienziati, tirando in ballo inquietanti presenze extraterrestri: secondo queste teorie, quel triangolo di oceano sarebbe stato il loro territorio e in quanto tale veniva difeso facendo sparire chiunque osasse attraversarlo. Negli anni, le ricerche sono proseguite finché gli scienziati e l’opinione pubblica non si sono in qualche modo rassegnati: il Triangolo delle Bermuda, nonostante la reputazione, non avrebbe registrato un numero maggiore di incidenti rispetto a qualunque altra area oceanica a esso paragonabile per estensione e per caratteristiche meteo. In sostanza, qualunque altro tratto di oceano, con un traffico marittimo e aereo paragonabile a quello del Triangolo Maledetto, e in condizioni meteo simili, registrerebbe nello stesso arco di tempo un numero equivalente di incidenti di vario genere. Tale ipotesi sarebbe stata confermata anche dalla Guardia Costiera degli Stati Uniti. Tirate le somme e accettata la “scomoda” verità, del Triangolo delle Bermuda, infatti, non si è più sentito parlare per molto tempo.
Il risveglio
Recentemente, nuovi studi e nuove ricerche sono state effettuate, così come nuove teorie sono state elaborate. La più recente proviene dal Regno Unito, dall’Università di Southampton e rimette in discussione tutto. Secondo i ricercatori britannici, tutta l’area del famoso Triangolo sarebbe occasionalmente interessata dalla presenza di onde anomale alte circa 30 metri: un vero e proprio muro d’acqua che si formerebbe proprio in corrispondenza di quella zona. Per provare la propria ipotesi gli scienziati hanno condotto delle simulazioni in laboratorio e costruito modellini in miniatura, e in ogni esperimento i modellini facevano la stessa fine: inghiottiti da un muro d’acqua. A creare queste gigantesche onde anomale potrebbe essere lo scontro di tempeste provenienti da nord e da sud che, incontrandosi, creerebbero le condizioni ideali per abbattere e distruggere anche la più grande e corazzata delle navi, ingoiandola in pochi minuti. Non sappiamo se la spiegazione possa essere davvero questa, ma è probabile che negli anni arriveranno altre teorie sul Triangolo Maledetto e che la sua fama perdurerà nei secoli.